Recensione: Benito, presente! - Paolo Ruffini

by - marzo 17, 2025

Buongiorno lettori!
Nuovo lunedì, nuova settimana! E finalmente ho ripreso a respirare bene. Per me oggi sarà un lunedì di lavoro ma volevo lasciarvi con qualcosina da leggere. Quindi ecco per voi la recensione di Benito, Presente! di Paolo Ruffini


BENITO, PRESENTE!
di Paolo Ruffini
Baldini+Castoldi | I Lemuri | 256 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €18,00
4 febbraio 2025 | link Amazon affiliato

Edoardo Meucci insegna Storia in un liceo di Milano. È un uomo di quella sinistra che “ora non c’è più” (come direbbe lui), convinto antifascista, solitario, un po’ asociale, la sua vita sembra un cliché impolverato e triste, in cui il bellicoso fervore politico serve a mascherare anche la sua infelicità. Edoardo tratta male tutti e sta antipatico a tutti: estranei, studenti, bidelle e colleghi. Quando uno studente loda alcune “cose buone” del fascismo, Edoardo perde le staffe e lo sbatte fuori. I genitori minacciano di denunciarlo e il preside lo sospende, trovandogli un posto in una scuola elementare a Predappio, il paese di Mussolini. Qui, Edoardo non fa che replicare la stessa indole aggressiva, rivolgendosi ai bambini come fossero piccole camicie nere, facendoli piangere subito. Redarguito dalla Preside, si trova di fronte a un ultimatum: o cambia atteggiamento, lasciando la politica fuori dall’aula, o sarà radiato. La mattina successiva c’è un temporale; quando Edoardo corre a scuola, sbatte contro il collega Luigi proprio mentre un tuono fa tremare le finestre. Non sarà solo un tuono, bensì l’innesco di uno shock spazio-temporale che li catapulterà in quella stessa scuola, ma nel 1890. Tra gli studenti, ora, c’è proprio il piccolo Benito Mussolini. L’incontro con il duce è sconvolgente. Il piccolo Benito è un bullo, violento e anaffettivo. Tra Luigi, accanito anarco-insurrezionalista pronto all’azione, e la magica influenza di Editta, una giovane maestra che lotta contro un sistema maschilista, Edoardo sperimenterà il più atroce dei dubbi e la più rivoluzionaria delle scoperte: far fuori il futuro dittatore, o provare invece a educarlo? Paolo Ruffini scrive un romanzo dalla forza gentile e sognante, una favola che attraversa la Storia per riconciliarci con un destino diverso, lasciandoci vedere cosa saremmo tutti se qualcuno ci esortasse a scegliere l’educazione all’amore non solo a scuola, ma nella vita.
Due... se non va non va...


Dato il clima politico in cui ci tocca vivere da qualche anno a questa parte, l'idea dietro a questo libro ha subito suscitato la mia curiosità. E se... se quel bimbo irrequieto e manesco che sarebbe diventato M ( per citare la serie di Scurati) avesse avuto un'alternativa alla vita anaffettiva e violenta a cui è stato sottoposto fin da più tenera età? O se quel bimbo grande non fosse mai diventato? Dubbi amletici davanti ai quali si scontra il protagonista del romanzo, Edoardo Maucci, che, per via di uno strappo spazio- temporale, si ritroverà ad insegnare nel 1890 nella classe proprio del piccolo Benito. Avrà la forza di alzare le armi contro quello che sarà il futuro dittatore ma che davanti a lui non è altro che un bimbetto maltrattato, curioso e alla ricerca di una guida e di una carezza?

Bel quid per un romanzo breve, che si legge in poche ore e che a me in realtà non è andato né su né giù. Troppi sproloqui politici, troppi giudizi, troppo o bianco o nero e troppo umorismo infilato ovunque, anche là dove stava molto stretto. 
Sulla politica posso capirlo, difficile affrontare questo argomento senza, ma sui giudizi espressi mi sono scontrata fin dalle prime righe, fin  da quella sorta di monologo iniziale in cui ho trovato tanti spunti su cui riflettere. E' vero viviamo in una società strana, fatta di tizi che si cornificano su un'isola davanti alle telecamere, di cinepanettoni e di bieco consumismo. Ma... è veramente solo questo? Voglio dire, può essere questa una verità universale? O è solo una parte di questa verità oltre alla quale c'è altro? E poi si deve ancora credere al grido "si stava meglio quando si stava peggio?". Forse è un inizio un po' troppo qualunquista, di quelli che la gente un po' si aspetta e che forse vuole anche leggere. Ma nel leggerlo io non mi sono ritrovata. Non mi trovo in questo popolo italiano così delineato. E' così? O è anche così? Senza contare che anche io mi ritrovo a sbirciare il trash in tv o magari a guardare Tik Tok mentre prendo un caffè. Questo fa di me una brutta persona o una stupida? Non credo. Proprio perchè niente è bianco o nero. 

Ma andiamo avanti. La storia segue un ritmo piuttosto lineare in cui Edoardo conosce Benito e in qualche modo si affeziona a questo bambino che non è ancora M. In alcuni punti ho sentito un ripetersi di idee che ha sì allungato la storia ma che mi ha anche fatto riflettere sul fatto che siamo davanti ad un libro in realtà piuttosto breve. Mi è sembrato che l'autore si sia fossilizzato sulla sua idea iniziale della storia ma che non abbia voluto scoprirla un po' di più, non abbia voluto approfondire strade che all'inizio non sembravano esistere, è andato dritto per la sua strada senza farsi domande che invece avrebbero potuto dare di più al racconto. E in questo restare aggrappato alla prima scintilla ha voluto per forza infilare battute, battitacchi e stereotipi che avrebbero dovuto dare uno spiccato senso comico ma che hanno ottenuto invece solo un senso di esagerazione. All'ennesima battuttina di Luigi lo avrei volentieri preso io a bacchettate sulle mani. E non ci sarei andata leggera. 

Il finale? Francamente un po' telefonato o comunque intuibile da un incontro iniziale e da un misterioso orologio. 
Avevo una grande curiosità davanti a questo romanzo, tanto che pur facendo fatica a trovarlo nel giorno di uscita sono riuscita comunque a scovarne una copia il giorno dopo, ma ammetto di non esserne stata soddisfatta perchè non mi ha portato a farmi quelle domande verso le quali pensavo avrebbe accompagnato il lettore, mi ha solo distratta con un umorismo eccessivo e affatto adatto. 

Alla prossima



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