Recensione: Quello che non siamo diventati - Tommaso Fusari

by - settembre 05, 2019

Buongiorno lettori, 
vi avevo avvertito che questa settimana avreste trovato tanti miei post. Oggi torno finalmente con una recensione e vi parlerò di uno degli ultimi libri che ho letto, Quello che non siamo diventati di Tommaso Fusari.


Quello che non siamo diventati
di Tommaso Fusari
Mondadori | Novel | 262 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €17,00
9 luglio 2019 | scheda Mondadori

«Andrà tutto bene, Michael.» «E come fai a dirlo, Sara? Prevedi il futuro?» «Non prevedo il futuro, ma siamo insieme, no?» Mi volto verso il campo di cocomeri e le vigne, che avevamo attraversato per arrivare alla recinzione. Non c'è nessuno all'orizzonte. «E se andasse tutto male?» «Be', restiamo insieme.» «Sempre?» «Per tutta la vita.» Una promessa fatta da bambini, calda e rassicurante come una carezza, come un abbraccio quando fuori fa tanto, tanto freddo. Un fratello e una sorella, Michael e Sara, che una volta erano inseparabili e ora sono quasi due estranei, due che, pur abitando sotto lo stesso tetto, si sfiorano appena. E, nel mezzo, la vita, fatta di momenti belli ma anche brutti, momenti in cui tutto può andare avanti, oppure può interrompersi bruscamente. Momenti che arrivano inaspettati per dirti che tutto deve cambiare. Anche se non vuoi, anche se non sei pronto. E a quel punto, poco importa come, tu devi trovare un modo per andare avanti. E questo hanno fatto Sara e Michael. Ognuno per conto proprio, però. Lei attenta a non far trapelare il dolore che le si appiccica alle ossa, agli occhi, ai battiti cardiaci e che le fa mancare l'aria, e a controllare sempre tutto, a non lasciarsi sfuggire niente, in un ingenuo tentativo di tenere ogni cosa in equilibrio. Lui in balia di ciò che accade, senza trovare mai la forza di avere un orientamento, col cuore imbottito di hashish e la testa di sogni infranti. Entrambi sempre più estranei, e lontani l'uno dal cuore dell'altra. Ma a un certo punto però qualcosa, o meglio qualcuno, irrompe nella loro vita facendo vacillare il loro piccolo mondo cristallizzato, fatto di giorni sempre uguali, silenzi, muti rimproveri, possibilità sospese, distanze che diventano siderali e ricordi sbiaditi. Di nuovo, Michael e Sara sono di fronte a qualcosa che potrebbe stravolgere la loro esistenza. E se soltanto smettessero di vivere ogni cambiamento come una crepa dalla quale possono entrare solo cose brutte, forse potrebbero riprendere il cammino interrotto tanti anni prima, trovare il modo di tornare a respirare, a credere nel futuro, e, magari, infine, ritrovarsi.

E se tutto dovesse andar male?

Incontro Tommaso Fusari per la seconda volta. Tempi duri per i romantici era riuscito in un'impresa niente affatto semplice: farmi piangere. Da qui le mie alte aspettative per il suo secondo romanzo e per l'incontro con Sara e Michael, protagonisti di una storia che ora, dopo 262 pagine, posso dire che non solo mi è piaciuta e mi ha emozionata, ma mi ha donato anche qualcosa di più.
@ Foto di Aline Ponce da Pixabay
Ma andiamo con calma, le cose da dire sono tante e non vorrei affastellare pensieri e parole. Iniziamo da loro. Michael e Sara sono fratello e sorella, vivono insieme, tuttavia sembrano due mondi paralleli che magari si sbirciano ma non si incontrano mai. Tutta casa e lavoro Sara, nottate brave e il vizio della droga Michael. Noi li conosciamo così, uno stesso tetto ma un rapporto da estranei. Eppure non sono sempre stati così distanti, da piccoli erano uno l'ombra dell'altra, erano corse in zone proibite, promesse fatte nei campi, scherzi, dispetti, qualche lacrima. Cosa è successo tra il prima e l'ora? È successa la vita che a volte ti fa uno sgambetto in più, ti toglie qualche pezzo di troppo e ti spinge a cambiare. Strada, sogni, te stesso. E così mentre Sara cerca di far quadrare i conti con il suo stipendio da impiegata e sogna una promozione che la potrebbe far respirare un po', Michael è completamente perso, privo di bussola. Un momento c'è, quello dopo sfreccia per le strade di Roma sul suo motorino per raggiungere quello che crede essere l'amore. La loro oramai è una routine che si ripete, è un sistema chiuso che non prevede interventi esterni, che si autoalimenta e che pare infinito. Ma la ricordate la vita, quella che fa lo sgambetto? Ecco, torna con una nuova spinta e stacca l'ennesimo pezzetto e questa volta mette in moto qualcosa di diverso, qualcosa di più potente, il ricordo e, con esso, una nuova percezione di se stessi e dell'altro.

È bravo Tommaso a raccontare i sentimenti, a mettere su carta due cuori che, in maniera diversa, sono usciti accartocciati da un passato difficile. E a presentarci due modi di affrontare un dolore comune; Sara si chiude su se stessa e sul suo piccolo mondo, affronta ciò che le capita a testa bassa, quasi in punta di piedi. Nella solitudine, nei muretti che costruisce, trova la propria dimensione.
È così sottile il confine tra silenzio e vuoto.
Quando intorno a te nulla fa rumore, eppure senti qualcosa che ti opprime, che ti piega su te stessa, quando cominci a parlare ad alta voce per rompere quella spessa lastra di niente che occupa tutta la stanza.
È lì che il silenzio diventa solitudine.
È lì che il silenzio si trasforma in assenza.
In cose che non ci sono e che occupano più spazio di quando ci sono.
@ Foto di Juan Linares da Pixabay
Michael, invece, è lo scatto, la corsa, la fuga da Sara, da Roma, da quel piccolo mondo mantenuto e trattenuto con le unghie e con i denti dalla sorella. La fuga è fatta però di un punto di partenza e di uno di arrivo: dove va Michael, dove lo spinge il suo dolore? Verso gli stupefacenti, verso Lola, verso Berlino.
Tommaso questa volta ci parla di un amore diverso, non fatto di passione ma di famiglia e unione. E porca miseria se lo fa bene! Esce dal rapporto idealizzato fratello/sorella, lo ripropone in una versione forse più crudele ma comunque più vera e tangibile. Da una parte la solitudine di Sara, dall'altra l'autodistruttismo di Michael. Per buona parte del romanzo, pur essendo vicini, sono due entità diverse, separate da chilometri di distanza, fermi ognuno nel pregiudizio nei confronti dell'altro. Per Michael Sara non solo è autonoma e industriale, ma anche fredda e distante; per Sara invece Michael è un eterno Peter Pan, che non sa cosa sia una responsabilità, uno stipendio o una bolletta da pagare. Solo davanti ad una nuova difficoltà i pregiudizi si fanno da parte e Michael e Sara capiranno quello che sono e non sono diventati.

Abbiamo perso quello che non siamo riusciti a diventare.

Grazie Tommaso, grazie ancora una volta!

Alla prossima



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