Natale con gli scrittori: Un regalino di Natale

by - dicembre 25, 2013

BUON NATALE A TUTTI AMICI LETTORI!
Cosa avete trovato di bello sotto l'albero? Libri? Io purtroppo niente libri, però sicuramente mi farò qualche regalino libroso da sola nei prossimi giorni. In compenso mi sono arrivati un bel computer nuovo, visto che il mio stava tirando il collo, e una macchinetta fotografica, perché dovete sapere che tolta quella del cellulare non ne avevo una (dai, non scandalizzatevi così...)!


Per la mia settimana speciale, Natale con gli scrittori, ho pensato a qualcosa di speciale, un estratto dal libro Il giardino degli aranci. Il mondo di nebbia di Ilaria Pasqua (QUI la mia recensione)! L'estratto (o meglio gli estratti) è stato scelto dalla stessa Ilaria perché volevo che vi regalasse una parte per lei importante del romanzo! Inoltre è stata così gentile da scrivere anche una piccola introduzione. Pronti?
                                                                          *****
Il giardino degli aranci è il libro che tra i pubblicati forse mi sta più a cuore, anche se non dovrei far distinzioni. Forse perché è quello che mi ha soddisfatta totalmente e senza riserve quando l’ho finito di scrivere, forse perché ho un legame forte e profondo con la storia e con i protagonisti Aria, Will e Henry, così uniti tra loro. E forse anche perché continuo a rileggerlo sempre con profondo piacere. Sceglierne una parte vagamente rappresentativa è stata una bella impresa, perché la tentazione di lasciarvi qualche paragrafo clou era forte, ma non giusto per questo genere di storia e per come l’ho strutturata. Dopo qualche tentennamento, sono riuscita a decidere ciò che era più sensato condividere con tutti voi lettori di questo magnifico blog. Come lettrice odio moltissimo gli spoiler, perciò ho scelto la prima pagina del libro, per entrare sin da subito nel mondo di Aria senza scossoni troppo forti e dare una prima impronta della storia. Grazie a tutti e buona lettura!

È la paura che li tiene legati qui.“È solo la paura. Non siamo noi” disse il Primo Sacerdote mentre osservava dall’alto le lunghe mura che circondavano quella città incantata.“La nostra stessa paura” aggiunsero gli altri quattro all’unisono, nascosti nei loro mantelli. Una lieve brezza agitava i tessuti che li circondava e li avviluppava, rendendoli prigionieri.
 Si sentì una voce, poi due che sussurravano: “Non puoi restare, non devi restare. Trova la strada”.Con questa frase nelle orecchie, Aria aprì gli occhi. Come ogni mattina le mancava il respiro. Quel suo incubo che la assillava da settimane, forse da mesi, ormai aveva perso la cognizione del tempo, non era spaventoso in sé, ma l’atmosfera, così come le sensazioni che emanava, le toglievano il fiato.Percepiva il buio, appiccicoso e profondo, come se ogni notte, e poi ogni mattina, lei allungasse il collo all’interno di un pozzo scuro e cercasse di scrutare una luce che non c’era. Eppure continuava a cercare, sperando che quel buio si dipanasse, per risolvere quel mistero del suo inconscio. Perché era il suo inconscio, supponeva, che dava vita a quell’incubo.“Chi altro?” si disse stropicciandosi gli occhi e scalciando con le gambe le coperte dalle lenzuola. Non si alzò per molti minuti, rimase a occhi chiusi in silenzio, calmando il respiro e concentrandosi solo su questo. Sapeva che intorno a lei il suo incubo stava già prendendo forma. Quando li riaprì, trovò vicino ai suoi piedi un procione che fluttuava, una piccola nuvola d’inquietudine. Non capiva ancora perché i suoi incubi assumessero quella ridicola forma.
“Stupido procione” urlò lanciandogli contro le coperte. Aria non riusciva neanche a guardarlo, gli occhi del procione erano due fessure buie e inconsistenti, due caverne in cui temeva di scorgere ogni sua bruttura.Si alzò dal letto e inciampò in una scarpa che era rimasta in mezzo alla stanza. Davanti al letto, la scrivania era stracolma di libri, fogli, disegni scarabocchiati e altri più complessi. Sulla destra, poco sotto una piccola finestra che si apriva in cima alla parete, vi era una tela appena iniziata, solo uno schizzo nero su un fondo bianco, che non aveva ancora alcun significato.Aria andò in bagno trascinandosi dietro il suo incubo. Una volta che il suo turbamento assumeva quella forma era impossibile fargliela cambiare. Ogni mattina si ritrovava in compagnia di quel procione, qualsiasi incubo avesse avuto. Le metteva angoscia essere seguita da quella nuvola nera, ma non poteva liberarsene, era legato a lei e, con il tempo, non aveva potuto far altro che abituarsi alla sua presenza. Non aveva sentimenti, né vita. Era un prolungamento dei suoi pensieri notturni, nient’altro. Era una parte di lei, elaborata dal suo inconscio.
“Perché dargli peso?” si ripeteva ogni mattina. Eppure sembrava molto più di così, gli altri non se ne accorgevano, ma lei sì.
Gli incubi erano qualcosa di inconsistente e allo stesso tempo di materiale, ogni mattina le sembrava di partorire una nuova inquietante verità, di tagliare a fette la sua mente, le sue ansie, e servirle su un piatto ben visibile a tutti, per poi gettare ogni cosa via. Si sentiva divorata da quelle assenze, un giorno dopo l’altro, ma ancora non l’aveva compreso a fondo.Era un prolungamento, certo, ma di se stessa, non solo un pensiero, ma un altro braccio, una gamba, una parte della sua carne.

… Ma non sono riuscita ad evitare di condividere questa parte dove è presente l’altro fondamentale protagonista: Il giardino degli aranci. Questo luogo risveglia in Aria sensazioni che nel resto del mondo in cui vive sono assenti, nascoste, e… non solo quello.

La città era immobile, e lei iniziava a sentirsi nella stessa maniera: una statua su cui la nebbia si posava calma, fissa a osservare lo stesso paesaggio, giorno dopo giorno.Aria saltò velocemente in piedi, s’infilò un paio di jeans neri e una maglietta verde attillata. Sopra mise una giacchetta sempre nera e uscì dalla stanza, poi tornò indietro per prendere lo zaino con il quaderno. Diede un ultimo sguardo alla sua tela incompleta, e si precipitò fuori sperando di non incrociare sua madre. Aveva perso la cognizione del tempo, inseguire i pensieri la faceva sempre smarrire in qualche labirinto e difficilmente ne riusciva a emergere. Se avesse incontrato sua madre di sicuro lei l’avrebbe bloccata sulla soglia della porta con commenti e domande, poi si sarebbe lamentata perché odiava stare a casa da sola. Aria, invece, amava avere un po’ di tempo da trascorrere senza nessuna intrusione. Adorava avere la casa tutta per sé.Saltò i due gradini, e i piedi raggiunsero la sua ombra, che sembrava sempre più veloce di lei.Gettò un rapido sguardo verso la vicina che non era in giardino, e notò sua madre all’angolo della strada. Stava parlando con qualcuno che non riusciva a vedere perché nascosto da un albero. Allungò il collo e vide Henry, ovviamente non aveva resistito e stava andando da lei. Si era cambiato, indossava una camicia azzurra e un paio di jeans più attillati, si era sistemato i capelli biondi indietro, l’unica cosa che non era cambiata era la presenza dello zaino, sempre fisso in spalla. Per studiare ovviamente.
Aria accelerò il passo tirandosi la giacca sulla testa.
“Maledizione” sussurrò, e corse dritta alla sua meta. Imboccò l’ampio viale alberato che portava al giardino degli aranci. Quella strada era quanto di più vicino a una salita. La città non ne aveva, come se non si dovesse vedere dall’alto, come se ci fosse un qualche divieto non scritto. Anche le case erano tutte basse, al massimo di due piani, così come gli uffici, i centri commerciali e i cinema, ma i cittadini non ci facevano molto caso. Aria sì.Il viale degli aranci aveva una leggera pendenza, ma di certo era la strada più ripida della città. Proprio per questo, moltissimi ragazzini si davano appuntamento lì ogni giorno per andare sullo skate o sui turbo, una sorta di slittino su ruote, e lanciarsi giù in picchiata.I ciclisti e i passanti si lamentavano in continuazione di questo stato di cose, perché rischiavano ogni giorno di investire qualcuno o di essere investiti. Proprio per questo il viale era stato chiuso al traffico, dopo un tribolato dibattito cittadino. Così Aria quel giorno poteva permettersi di camminare in mezzo alla strada con il naso all’insù, respirando il profumo fresco e delicato degli aranci sugli alberi.
La brezza leggera le scompigliava i capelli e rendeva ancora più vivo e intenso quell’odore. Se li sistemò dietro le orecchie e si prese tutto il tempo per godersi quel percorso che la rilassava. Nonostante le risate e le urla dei ragazzini, sentiva di essere in sintonia con se stessa e con i suoi pensieri.Chiuse gli occhi inspirando profondamente, poi guardò di fronte a sé, il cancello non era lontano. La sua ombra la precedeva lentamente allungandosi sull’asfalto scuro. Aria la osservò con curiosità, per quanto la schiacciasse lei era sempre lì di fronte al suo corpo, ma di colpo si fece più tenue. La ragazza si voltò verso il sole alle sue spalle che stava pericolosamente cadendo, mentre un velo di nebbia andava a coprirlo come se volesse lasciarla libera, sola con i suoi passi e con se stessa.Voltò il suo corpo verso il sole e sentì la pelle riscaldarsi pian piano. Camminò all’indietro per una decina di metri senza distogliere lo sguardo dal viale, una signora in bicicletta le sorrise mentre saliva canticchiando una melodia armoniosa. Un ragazzino le passò accanto a tutta velocità su uno skate e lo spostamento d’aria improvviso fece volare i suoi capelli in avanti, mentre dietro di lei sentiva gli amici del ragazzo che lo incitavano.
Sapeva di essere ormai arrivata in cima al viale. Si sistemò i capelli dietro le orecchie, prese un’enorme boccata d’aria e si girò di nuovo. Sorpassò i ragazzi e, dopo aver gettato un rapido sguardo a quel cancello che ben conosceva, si lasciò alle spalle i motivi di rosa in ferro battuto che lo adornavano ed entrò.Quel posto era diverso da ogni altro, era vivo, presente, come un essere umano che ti accoglieva tra le sue braccia, perfettamente consapevole di ogni suo muscolo e movimento. Anche l’aria era diversa, sferzava il viso come se avesse lo scopo di farsi ascoltare. Gli alberi sembravano voler coinvolgere in un loro segreto, il prato era di un verde smeraldo che appariva irreale, e la nebbia in quel posto non poteva a entrare. Quel luogo la teneva fuori, ai cancelli, e questo Aria non riusciva a comprenderlo. Sembrava un posto magico, dotato di vita propria, in cui niente di brutto poteva accadere.
L’indefinito, ciò che caratterizzava più di tutto quella città, lì non era permesso. Quando metteva piede in quel luogo, Aria si sentiva sollevata, consapevole, serena. E i colori vividi della natura la rinfrancavano.Di colpo si fece buio, gli alberi del giardino erano più numerosi e ravvicinati, il vialetto era solo un piccolo serpente che si muoveva sinuoso tra di essi.Sotto un albero, la ragazza scorse l’ombra di qualcuno, ma non si soffermò, doveva raggiungere Will. Mentre proseguiva lungo il viale, sentiva addosso lo sguardo di quella persona e la cosa la fece rabbrividire, come se ci fosse qualcosa di sbagliato, che lei non doveva vedere. Respirò a fondo e cercò di dimenticarsene.Il profumo degli aranci l’accompagnò silenziosamente fino al muretto che segnava la parte opposta del parco. Come si aspettava Will era lì. Se ne stava di spalle a guardare lontano.Aria prese fiato e si fece coraggio. Quante volte lui l’avrebbe derisa o ignorata? Non lo sapeva, ma aveva pronte talmente tante risposte che ne sarebbe uscita vincitrice. Strinse i pugni e lo raggiunse.
                                                                                     *****
Sono proprio felice delle scelte di Ilaria, perché danno modo di conoscere i punti essenziali non solo per capire la storia, ma per amarla! Ci sono Aria e Will, ci sono gli incubi fumosi e c'è questo magico luogo, punti di incontro tra presente e passato, tra realtà e sogno! Se cercate una bellissima storia di amicizia e avventura molto originale, ecco io vi consiglio questo libro!!
Grazie ancora ad Ilaria che ha condiviso con noi anche la sua passione per questo libro, e...

BUON NATALE!!


Eliza

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